Ferrucci Francesco

Nome: Francesco Ferrucci
Notizie: (Firenze, 14 agosto 1489 - Gavinana, 3 agosto 1530) Francesco Ferrucci, noto anche come Francesco Ferruccio, fu un condottiero italiano, al servizio della Repubblica di Firenze. Francesco Ferrucci era nato da una famiglia di mercanti. Una targa in via Santo Spirito indica ancora la sua casa natale. Suo padre lo avrebbe voluto mercante ma il suo carattere impulsivo e deciso gli faceva preferire la caccia alla mercatura. Da ragazzo aveva fatto parte dei “fanciulli del Savonarola”, capeggiando la parte più intollerante nel sequestrare e distruggere gli oggetti accusati di essere espressione di lusso, "impudicizia" o paganesimo. Una sua descrizione fisica la fornisce Filippo Sacchetti: "Uomo di alta statura, di faccia lunga, naso aquilino, occhi lacrimanti, colore vivo, lieto nell'aspetto, scarzo nelle membra...". Dotato di carattere esuberante, era propenso a far valere le proprie ragioni con la violenza. Nonostante questo, però, riuscì nel 1523 ad assumere l'incarico di podestà a Campi Bisenzio e, nel 1526, a Radda in Chianti. Quando i Medici vennero cacciati da Firenze, nel 1527, Francesco, all’età di trentotto anni, entrò a far parte delle famose "Bande Nere". Nelle complicate vicende belliche e politiche di quel periodo, Firenze si trovò ad essere seriamente minacciata dall'esercito dell'Imperatore Carlo V d'Asburgo, col quale il papa Clemente VII aveva creato un'alleanza nella speranza di restaurare nella capitale toscana la sua casata, quella dei Medici. A Francesco Ferrucci, che aveva già dato più di una prova di conoscenza dell'arte militare, Donato Giannotti, successore di Niccolò Machiavelli come storico e come segretario dei “Dieci della Guerra”, vide in Ferrucci la stoffa del soldato, facendolo nominare Commissario ad Empoli, castello importantissimo per il vettovagliamento dei centomila abitanti di Firenze. Di Ferrucci fu l’idea di tagliare alla base le torri perimetrali della cinta muraria di Empoli per impedire che i tiri d’artiglieria le facessero rovinare creando dei ponti di macerie sui quali la fanteria nemica avrebbe potuto superare le mura. Ad Empoli fortificò anche le sponde del fiume Arno che, durante l’assedio di Firenze del 1529, rappresentava l’unico sbocco ancora sicuro verso Pisa e il mare. Le vicende che videro protagonista Francesco Ferrucci si svolsero durante l'Assedio di Firenze (12 ottobre 1529 - 12 agosto 1530), ad opera delle milizie imperiali di Carlo V, costituite però prevalentemente da italiani. Ferrucci divenne celebre per la strenua difesa che l'esercito della Repubblica Fiorentina, da lui guidato, oppose agli imperiali. Quando Volterra si ribellò a Firenze, la Signoria impose a Francesco Ferrucci di lasciare momentaneamente il caposaldo empolese per andare a riconquistare quell'importante centro nella Val di Cecina. Ed è a questo punto che inizia, nella cornice dei grandi combattimenti fra i più forti eserciti d'Europa, la personale guerra fra Francesco Ferrucci e Fabrizio Maramaldo, un capitano di ventura al soldo dell'esercito imperiale spagnolo. Fu proprio durante l'assedio di Volterra, che il Ferrucci teneva da pochi giorni, che il mercenario calabrese inviò un messo ad intimare a Ferrucci di arrendersi. E il fiorentino, di rimando, non solo ignorò l'invito ma, per rispondere in maniera provocatoria e a dispetto delle prevalenti usanze, fece impiccare l'innocente messaggero. Intanto la vittoria di Volterra entusiasmò i fiorentini, i quali ebbero modo di confrontare la condotta di Ferrucci con quella del Comandante Generale Malatesta Baglioni, sul quale ogni giorno di più s’addensavano sospetti di tradimento. Francesco Ferrucci si trovava a Pisa, quando gli giunse l’ordine dalla Repubblica Fiorentina di raccogliere più uomini possibile e tentare la liberazione di Firenze dal di fuori, mentre dal di entro si sarebbe fatto l’ultimo sforzo per rompere l’assedio. Il piano non era sbagliato, ma Malatesta Baglioni non ebbe fiducia nel progetto e propose invece al nemico patti di resa, permettendo così allo stesso comandante degli imperiali, Filiberto di Chalons, principe d’Orange, di abbandonare le colline a sud di Firenze per andare incontro alle truppe del Ferrucci. La via che risaliva da Pisa lungo il corso dell’Arno era ormai in mano alle truppe imperiali per cui Ferrucci fu costretto, una volta lasciata Lucca alle spalle, a salire verso l’Appennino, passando da Collodi. Era già debilitato da una ferita ad un ginocchio che stentava a rimarginarsi ed era inoltre convalescente per una febbre malarica contratta in Maremma. Nell'ultima lettera di Francesco Ferrucci si legge: "Siamo allì 2 d' Agosto, e ci troviamo a Calamec,ed intendiamo Fabrizio che marcia alla volta di costà: Domattina, piacendo a Dio, marceremo alla volta del Montale; e ci bisognerà, a voler pascere la gente, sforzar qualche luogo, perché non troviamo corrispondenza di vettovaglia. Francesco Ferrucci general Commissario". Ferrucci il 3 agosto 1530 uscì in campo aperto e tentò un ultimo scontro per spezzare l'assedio in quella che divenne la battaglia di Gavinana. Il capo delle truppe imperiali Filiberto di Chalons venne ucciso nel combattimento da due colpi di archibugio, ma Ferrucci venne sopraffatto da forze preponderanti, rimase di nuovo ferito e con i pochi superstiti si arrese decretando la fine della battaglia. Fabrizio Maramaldo si fece condurre il prigioniero sulla piazza di Gavinana ed ordinò: « Ammazzatelo chillo poltrone, per l'anima del tamburino quale impiccò a Volterra! » E poiché i soldati non osarono alzare le mani sul comandante fiorentino ferito, lo disarmò e contro tutte le regole della cavalleria si vendicò delle offese precedenti, ferendolo a sangue freddo e lasciandolo poi trucidare dai suoi soldati. Le cronache tra loro non concordano sul tipo di ferita inferta a Ferrucci, che viene indicata alternativamente al petto, o alla gola, o al viso, mentre tutte riportano che Francesco Ferrucci prima di spirare gli abbia rivolto con disprezzo le celebri parole: «Vile, tu uccidi un uomo morto! » o più fiorentinamente « tu dai a un morto! ». Dieci giorni dopo Firenze si arrese agli imperiali e dovette accettare il rientro dei Medici. Il sacrificio di Ferrucci è diventato, in epoca risorgimentale, emblema del sentimento di orgoglio nazionale, e il nome del suo aggressore (Maramaldo) è divenuto, per antonomasia, sinonimo di "uomo malvagio, spavaldo e prepotente soprattutto con i deboli, gli indifesi, gli sconfitti" (essere un maramaldo).
![]() Stato: Italy (Kingdom) Anno: 1930 Dentelli: 14 Filigrana: Filigrana corona Stampa: Rotocalco Bozzettista: D. Tofani |
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